Un’opera iconica, sospesa tra sofferenza esistenziale e forza vitale. All’ingresso del padiglione della Repubblica Araba Siriana alla 59a Biennale Arte di Venezia, curato e diretto da Emad Kashout, un’installazione iconica, essenziale e d’impatto visivo ed emotivo intitolata “Viaggio al termine della Notte” è firmata da Lorenzo Puglisi.
L’artista di Biella presenta infatti una crocifissione su tavola di metallo di quasi 2 metri, “imprigionata” in una gabbia di ferro da cui emergono, dipinti di un bianco fulgido appena screziato di rosso, solo la testa, le mani e i piedi di Cristo, simbolo di forza vitale. Bagliori densi e frementi, colori materici e vibranti risalgono dal nulla e si liberano dall’oscurità per colpire sguardi e coscienze.
L’opera si colloca all’interno di un più ampio percorso espositivo sull’Isola di San Servolo – visitabile fino al 27 novembre – in cui Puglisi presenterà altri lavori pensati appositamente per la Biennale, che creeranno un continuum artistico e concettuale dal giardino dell’isola fino all’interno del padiglione.
PUGLISI E LA BIENNALE 2022
Il rapporto tra Puglisi e la Biennale apre a un gioco di affinità e antitesi tra l’aspetto visivo e concettuale, fatto di legami e contrasti, bianco e nero, spirito e materia: i due grandi occhi bianchi su sfondo nero, logo/icona della Biennale Arte 2022, rimandano ad un forte legame estetico con la pittura di Puglisi nel rapporto luce-sguardo e oscurità, un’antitesi barocca che ha sempre toccato profondamente l’artista.
Allo stesso tempo esiste un’opposizione, una divergenza di percorso con il tema dell’edizione: Il latte dei sogni. “Sento di essere interessato alla realtà – spiega l’artista – con la sua crudezza priva di preamboli a volte anche brutale e non al sogno surrealista del titolo del tema. Ciò che ci unisce, alla fine, è l’essere umano che, in ogni caso, rimane sempre al centro”.
Il titolo del Padiglione Arabo Siriano è Il popolo siriano: destino comune. “Un titolo in cui risiede il legame con la mia visione artistica, che è quella di cercare di conoscere ed interpretare la condizione umana – afferma Puglisi -. La Siria è una nazione e un luogo con le tracce più antiche di civiltà, un punto di partenza necessario per una esplorazione dell’essere umano. Una riflessione urgente in ogni epoca, ma soprattutto in questo nostro tempo, in cui da più di un secolo ci sono abbondanti risorse di vita per tutta la popolazione della Terra e dove invece continua a prevalere e dominare la violenza dell’uomo sull’uomo: homo homini lupus. Così come da più di dieci anni accade al popolo siriano”.
LA CROCE IN GABBIA
L’opera restituisce in modo originale l’iconografia classica della crocifissione. È un dipinto a olio su metallo, dal cui fondo di colore nero emergono folgoranti pennellate di bianco che delineano solo la testa, le mani e i piedi del Cristo in croce.
“La luce dall’interno della gabbia – spiega Puglisi – piano piano filtra dal buio e si fa strada: il simbolo della croce prigioniera nella gabbia e nel cuore dell’uomo è lì per portare una scintilla di fuoco e di speranza. Il volto, le mani, i piedi ne sono lo strumento, rappresentano il movimento, la vita, il nostro desiderio di appartenere al mondo”.
Un lavoro molto intenso, materico, una nuova pittura che è essenzialità della forma, quasi astrazione e sostanza pura che, come la scultura, opera per sintesi e sottrazione, lasciando solo qualche potente traccia, volti, mani e piedi, fatti di bianchi screziati di rosso o di blu.
TRADIZIONE RIPENSATA
Puglisi riprende una tradizione che nell’arte contemporanea si era completamente perduta prima di lui. “Guardo i grandi maestri del passato come Michelangelo, Leonardo, Goya, Picasso, Bacon, Rembrandt e Caravaggio”, spiega l’artista. Filtrandola però attraverso il suo sguardo, la trascende inducendo nell’osservatore spunti di riflessione su temi cruciali e attuali, a partire dalla croce come simbolo della condizione umana in un tempo sempre più povero di certezze e di valori, in una condizione sospesa tra il mondo orizzontale, terreno, e quello verticale, sconosciuto.
“Il mio tentativo di pittura – dice Puglisi – si rivolge alla visione di qualcosa che è altro dal visibile empirico, ma col quale è inseparabilmente intrecciato e mescolato; la ricerca dell’essenziale della rappresentazione, come ambizione e fine, è legato alla ricerca di essenzialità nella vita e ne è conseguenza e speranza di conoscere. L’opera non è morta, l’opera è viva, e il suo splendore continua a illuminare gli uomini e il tempo”.
LE ALTRE OPERE IN ESPOSIZIONE
Oltre alla crocifissione, nel giardino del Padiglione Arabo Siriano Puglisi introduce un’altra novità: dal prato emergeranno, come scintille di vita, 7 ‘monoliti’ (1,35 x 1,15 metri) di zinco a sfondo nero sui quali si stagliano i celebri volti e mani bianchi, la luce al termine della notte, un inedito e potente ciclo di opere pensate appositamente per la Biennale di Venezia.
Negli spazi interni del Padiglione sarà invece esposta una serie di opere di 2 x 1,5 metri nello stile che hanno reso famoso l’artista, dipinte con tecnica ad olio su tela sul classico sfondo nero: Annunciazione, Nell’orto degli Ulivi, Matteo e l’Angelo, dei ritratti e una stupefacente Monna Lisa.