Il commercio del vino mondiale segna una contrazione nel “semestre Covid” (marzo-agosto), dati da record negativo, che non si erano mai visti prima nel settore.
L’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor ha analizzato gli scambi complessivi nei paesi extra Ue, e i risultati che emergono indicano un calo a valore del 15,2%, con una perdita equivalente di circa 1,4 miliardi di euro rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Il risultato peggiore spetta alle bollicine, che perdono quota in tutti gli importer, che rappresentano il 92% del mercato fuori dall’Europa. Mentre il vino italiano, nonostante abbia registrato il peggior risultato degli ultimi 30 anni, contiene le perdite e a chiude a –8,6%, dopo un eccellente avvio di anno.
Il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani sostiene che, nonostante l’export in calo del 9%, circa, la situazione va vista come una mezza vittoria. La crisi riguarda soprattutto le piccole e medie imprese di qualità che rappresentano l’asse portante del made in Italy.
Il valore delle importazioni di vino nei Paesi terzi nel ‘semestre Covid-19’ è di 7,7 miliardi di euro, rispetto ai 9,1 miliardi di euro registrati nello stesso periodo del 2019. Infatti, tutti i primi cinque principali importatori extra-Ue segnano dati negativi: Usa (-20,7%), Uk (-6,8%), Cina (-35,5%), Canada (-7,9%) e Giappone (-17,5%).
A farne maggiormente le spese proprio sono gli sparkling wine, che pagano con un -28,8% e un trend negativo in tutte le piazze. In generale la contrazione del prezzo medio è da addurre a due fattori: le grandi difficoltà del canale Horeca e di conseguenza dei vini a maggior valore e le condotte speculative lungo la filiera.