Il mercato degli orologi vintage — secondo quanto rilanciato da Milano Finanza — ha raggiunto una valutazione complessiva stimata in circa 23 miliardi di dollari, confermando che i segnatempo d’epoca non sono più un semplice rifugio per nostalgici, ma una leva economica concreta per collezionisti e investitori.
I numeri di un mercato maturo
- Il settore del pre-owned di alta orologeria è sempre più percepito non come un mercato “grigio”, ma come una piattaforma trasparente e liquida, grazie anche all’affermazione di marketplace globali che raccolgono milioni di utenti.
- Secondo il report più recente di metà 2025, l’indice che monitora i 50 modelli più scambiati — l’WA50 — segnava 664 punti a giugno, leggermente inferiore rispetto ai 694 di inizio anno, a testimonianza di un mercato “senza eccessi”, ma sostanzialmente stabile.
- Per i grandi marchi tradizionali, come Rolex, Patek Philippe e Audemars Piguet, la domanda resta robusta. Il segmento pre-owned rappresenta non solo un’opportunità per chi cerca un “affare”, ma anche per chi ambisce a un bene stabile nel tempo.
- I segnatempo vintage offrono un mix di storia, artigianalità e unicità estetica ormai raro nei nuovi modelli. L’appeal di un meccanismo meccanico, il valore del passato, il carattere “unico” dell’oggetto lo rendono attraente anche per chi non è un collezionista hardcore.
- La logica del collezionismo evolve: un orologio vintage non è visto solo come un bene da indossare, ma come un investimento a medio-lungo termine, spesso con potenziale di rivalutazione, soprattutto per modelli iconici o rari.
- Cambia anche il profilo del compratore: le nuove generazioni — in particolare la Generazione Z — mostrano sempre più interesse per un lusso discreto, sostenibile, con un forte valore simbolico e culturale, senza per forza puntare su novità costose. Questo trend aiuta a sostenere la domanda del “second-hand”.
Il mercato 2025 appare come un settore in equilibrio: da un lato la stabilità dei valori, dall’altro una selezione sempre più rigorosa. L’indice WA50 non mostra picchi euforici, ma neppure cali drastici. Questo indica che il mercato oggi beneficia di una maturità strutturale, meno guidata dalle mode e più da criteri oggettivi quali rarità, condizione, storicità del pezzo.
Per i marchi top, la domanda pre-owned continua a rappresentare una fetta importante del business, anche di fronte a un contesto economico globale incerto.
Il vintage può essere un investimento rispetto alla crisi del nuovo: con i listini dei modelli nuovi spesso gonfiati da inflazione, dazi o scarsità di pezzi disponibili, molti trovano conveniente guardare al secondo polso.
Tuttavia, non tutto vintage contiene valore: l’effettiva quotazione dipende da condizioni, originalità, documentazione e storia del pezzo; senza tali elementi, è facile imbattersi in “frankenwatch” o orologi dal valore puramente estetico.
Il mercato si è anche “finanziarizzato”: l’esperienza racconta che un orologio può essere trattato come un asset liquido, con quotazioni che riflettono domanda globale e collezionismo serio — ma questo implica anche un grado di professionalizzazione: saper scegliere, certificare e negoziare.
Il dato da 23 miliardi — spesso rilanciato — non è un semplice colpo di scena giornalistico. Sta piuttosto a indicare che il mercato degli orologi vintage e pre-owned ha ormai raggiunto uno status indipendente e strutturato, in cui storia, artigianalità, finanza e passione convivono.
Per il collezionista moderno — dal nostalgico al nuovo acquirente della Generazione Z — scegliere un “second-polso” significa entrare in un mercato che unisce fascino, valore e consapevolezza. Ma come in ogni mercato maturo, la prudenza, la conoscenza e l’attenzione ai dettagli contano più dell’entusiasmo.


