La Fondazione Vuitton presenterà dal 17 ottobre prossimo al 2 marzo 2026 una importante retrospettiva di Gerhard Richter, uno degli artisti contemporanei più influenti, nativo di Dresda nel 1952. Fuggì dalla Germania dell’Est a Düsseldorf nel 1961, prima di stabilirsi a Colonia, dove attualmente vive e lavora. Ha prodotto dipinti astratti e fotorealistici, fotografie e opere in vetro. È ampiamente considerato uno dei più importanti artisti tedeschi contemporanei e molte delle sue opere hanno stabilito prezzi record alle aste, tanto che in passato è stato il pittore vivente più costoso.
Proseguendo la tradizione di mostre monografiche di rilievo dedicate alle figure di spicco dell’arte del XX e XXI secolo, tra cui Jean Michel Basquiat, Joan Mitchell, Mark Rothko e David Hockney, la Fondazione dedicherà tutte le sue gallerie a Gerhard Richter. L’artista tedesco è stato protagonista dell’inaugurazione della Fondazione Vuitton nel 2014 con una serie di opere della collezione. Ora la Fondazione rende omaggio a Richter con una retrospettiva eccezionale, ineguagliabile sia per dimensioni che per ampiezza cronologica, comprendenti 270 opere che vanno dal 1962 al 2024.
L’esposizione comprende dipinti a olio, sculture in vetro e acciaio, disegni a matita e a inchiostro, acquarelli e fotografie sovradipinte. Per la prima volta, la mostra offrirà una panoramica completa di oltre sei decenni di attività di Richter, la cui più grande gioia è sempre stata quella di lavorare nel suo studio. L’artista è sempre stato attratto sia dai soggetti sia dal linguaggio stesso della pittura, un campo di sperimentazione i cui confini ha costantemente ampliato, evitando qualsiasi categorizzazione univoca. La sua formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Dresda lo ha portato a confrontarsi con generi tradizionali come il ritratto, la natura morta, il paesaggio e la pittura storica. Il suo desiderio di reinterpretare questi generi attraverso una lente contemporanea è al centro di questa mostra. Richter non dipinge mai ispirandosi direttamente alla natura o alla scena che ha di fronte, ma ogni immagine è filtrata attraverso un medium intermedio, una fotografia o un disegno da cui costruisce un’opera nuova o autonoma. Nel corso del tempo ha esplorato una vasta gamma di tecniche pittoriche, sviluppando vari metodi di applicazione del colore sulla tela, che si tratti di pennello o spatola. L’esposizione unisce molte delle opere più significative fino al 2017, anno in cui Richter scelse di smettere di dipingere, pur continuando a disegnare. Presentata in ordine cronologico ogni sezione, abbraccia circa un decennio dell’opera dell’artista e ripercorre l’evoluzione di una singolare visione pittorica, plasmata sia da rotture che da continuità, a partire dai suoi primi dipinti basati su fotografie fino alle sue astrazioni finali. Fin dall’inizio la scelta dei soggetti di Richter è stata complessa, la galleria 1 comprende le opere dal 1962 al 1970 ed è intitolata “La fotografia come fonte di immagini”. Da una parte immagini apparentemente banali tratte dai giornali, dall’altro ritratti di famiglia che rimandavano al suo passato, quali Onkel Rudi, Tante Marianne, così come alle ombre della storia tedesca. Già a metà degli anni Sessanta, Richter sfida le convenzioni illusionistiche della pittura con la sua scultura “Quattro lastre di vetro” e le sue prime “Cartelle di colori”. Con i paesaggi urbani esplora uno stile in passato pseudoespressionista; con “Paesaggi e marine” mette alla prova i generi classici, ma controcorrente. La galleria 2 comprende le opere tra il 1971 e il 1975: i “48 ritratti” dipinti per la Biennale di Venezia del 1972 segnano l’inizio di un nuovo capitolo nella pittura di Richter, che interroga la natura in molteplici modi, attraverso la tecnica distintiva della sfocatura (Vermalung), la progressiva copia dissoluzione di una “Annunciazione” di Tiziano. La galleria 4 riguarda le opere di Richter del decennio 1976-1986, quando egli gettò le basi del suo peculiare approccio all’astrazione: ingrandiva gli studi a acquerello, esaminava la superficie dipinta e faceva della pennellata stessa il soggetto del dipinto (strich). Contemporaneamente dipinse i primi ritratti della figlia Betty e continuò a esplorare soggetti tradizionali come il paesaggio e la natura morta. Nella galleria 5 si possono ammirare le opere degli anni comprese tra il 1985 e il 1995, intitolate “Riflessioni cupe”. Motivato da una riflessione profondamente scettica del cambiamento artistico e sociale, Richter dipinse la serie intitolata “18 ottobre 1977”, il suo unico corpus di opere che fa riferimento alla storia tedesca recente e che è eccezionalmente in prestito dal MoMA. Durante quegli anni l’artista realizzò tra le sue opere più suggestive e cupe, riprese il tema dei suoi primi dipinti di famiglia e creò la serie “Sabine con bambino”. Le gallerie 7 e 9 si concentrano sugli anni 1996-2009, e si possono intitolare “Nuove prospettive nella pittura”. Verso la fine degli anni Novanta, l’artista entra in un periodo di grande produttività che comprende piccole opere figurative e astratte come l’austera serie “Silikat”, esperimenti con il caso che culminano in ‘4900 Colors’, e opere meditative, i “Cage paintings”, in omaggio al compositore John Cage. I dipinti finali si possono ammirare nelle gallerie 9 e 10, e riguardano la sua pittura tra gli anni 2009-2023. Richter sorprese il pubblico abbandonando la pittura per diversi anni per sperimentare con opere in vetro e immagini a strisce generate digitalmente. Il suo ritorno alla pittura avvenne con “Birkenau”, un gruppo di opere ispirate a quattro fotografie scattate all’interno di un campo di sterminio nazista. L’ultima sala presenta le sue ultime, magistrali tele astratte. La scultura è presente in alcuni punti chiave dell’esposizione, mentre tre sale dedicate ad acquarelli, disegni e fotografie ridipinte offrono un cambio di ritmo negli anni Settanta e Novanta, illustrando le preoccupazioni persistenti di Richter da quando smise di dipingere nel 2017.

