Firenze celebra il genio artistico di Giovan Battista Foggini (1652-1725), architetto e scultore di corte di granduchi e nobili fiorentini, ma anche del Re Sole, per il quale realizzò repliche di sculture antiche appartenenti alle collezioni medicee, come “L’Arrotino” e “Il cinghiale”.
Lo fa con una grande mostra monografica promossa dalla Città Metropolitana di Firenze e organizzata dalla Fondazione MUS.E, a palazzo Medici Riccardi, aperta fino al 9 settembre prossimo. L’esposizione è organizzata in occasione del terzo centenario della morte dell’artista e vuole restituire al pubblico la straordinaria figura di colui che, grazie alla interdisciplinarietà della sua arte, ha plasmato il linguaggio artistico della Firenze tardo medicea. Nato a Firenze, Foggini approfondisce la propria formazione a Roma, presso l’Accademia Medicea fondata da Cosimo III de’ Medici. L’esperienza romana lo immerge nel grande patrimonio classico e barocco e lo influenza profondamente. Al ritorno a Firenze Foggini vi porta il barocco, che sfiora quasi i confini della modernità, conferendo alle sue opere rigore compositivo e energica plasticità. Il suo stile, caratterizzato da un linguaggio tardo-barocco influenzato dall’arte romana, ma originale, ha definito l’immagine di Firenze di fine Seicento, rendendolo un viatico per le generazioni successive.
Il percorso espositivo si articola in sezioni tematiche che esplorano la scultura in marmo, bronzo e terracotta, la sua attività di architetto e designer, il suo ruolo nella produzione di oggetti di pietre dure e metalli preziosi e la sua influenza sulla statuaria monumentale .
Palazzo Medici Riccardi, luogo emblematico di Firenze e prima residenza della famiglia Medici, è sicuramente la cornice ideale per questa celebrazione, avendo nel tempo ospitato alcune delle opere più significative dell’artista, come gli interventi per la galleria degli Specchi affrescata da Luca Giordano e le sale limitrofe, la contigua Biblioteca Riccardiana, la sistemazione antiquaria del cortile quattrocentesco, la stuccatura della loggia terrena del giardino, il prolungamento della facciata realizzata dal Michelozzi su via Cavour.
Tra le opere esposte spiccano prestiti dal Museo del Louvre di Parigi, dal Bayerisches Nationalmuseum di Monaco, il Minneapolis Institute of Arts, lo Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, le gallerie degli Uffizi e i Musei del Bargello e io Museo delle Cappelle Medicee di Firenze, il Museo Poldi Pezzoli di Milano, l’ Istituto Centrale per la Grafica di Roma, le gallerie nazionali di Arte Antica, Palazzo Corsini e molte collezioni private.
La mostra si apre con opere relative all’attività giovanile dell’artista presso l’Accademia fondata da Cosimo III, con disegni e lavori in terracotta come “Il mito di Pigmalione”, presentato all’Accademia di San Luca nel 1673, una Crocifissione con dolenti, modellata a Roma e fusa in bronzo al rientro a Firenze, con un inedito bozzetto preparatorio, la “Strage dei figli di Niobe” del 1674 e altri rilievi del periodo, quali “Porsenna libera Clella e le compagne dalla prigionia”, facente parte di una collezione privata, la Sacra Famiglia e il Ratto di Proserpina agli Inferi, questi ultimi due del Museo Nazionale del Bargello.
La sezione dedicata alla scultura in bronzo è quella in cui si possono ammirare numerosi bronzetti ispirati alla letteratura antica, in particolare alle Metamorfosi di Ovidio, indicativi della scelta culturale dell’artista come dei suoi committenti. Tra questi si annovera il ‘Granduca Cosimo III’ che ebbe modo di farne dono di alcuni all’elettore del Palatinato , suo genero, avendone sposato la figlia Anna Maria Luisa.
Le opere provengono da importanti collezioni italiane e internazionali e sono accompagnate da loro derivazioni in cera, porcellana di doccia, gesso e biscotti, che ne attestano la fortuna. Sulle pareti sono poi esposte in grande formato pagine tratte dal giornale del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, testimoni della vena creativa dell’artista.
In una delle sale sono visibili due degli otto ritratti di Casa Medici scolpiti da Foggini per il cardinale Francesco Maria de’ Medici, presente in effige insieme al cardinale Leopoldo, che è un prestito del Louvre.
Un altro settore di pregio della mostra è rappresentato dai lavori usciti dalle manifatture di Galleria, che celebra Foggini come responsabile dell’invenzione di tanti lavori realizzati dalla Real Galleria e Cappella, a partire dal 1694.
Sono in mostra il tavolo intarsiato in pietre dure di palazzo Pitti e una serie di reliquiari sontuosi in ebano, bronzo e argento, straordinari per valore simbolico e qualità tecnica.
La sezione è poi completata da due bronzi tardi eseguiti per Anna Maria Luisa de’ Medici, il primo il Battesimo di Cristo del 1723-24 e il secondo David e Golia, quest’ultimo visibile nelle declinazioni scaturite in cera e porcellana di Doccia.
La sezione L’Antico e il re Sole testimonia il prestigio internazionale dell’artista, grazie alle commissioni ricevute da Luigi XIV di Francia, il re Sole. Sono in mostra l’Arrotino e il Cinghiale, repliche da celebri sculture antiche appartenenti alle collezioni medicee, inviate a Versailles nel 1684. Figura anche una versione in porcellana del Laocoonte, capolavoro ellenistico ritrovato a Roma nel 1506, derivante dalla copia del gruppo antico scolpita da Baccio Bandinelli, che si trova oggi agli Uffizi, e realizzata dalla Manifattura di Doccia dalle forme originali servite a Foggini per un bronzetto su questo soggetto, che risulta un documento importante dell’interesse dello scultore per la statuaria classica.
Il percorso viene a concludersi in una sala dedicata alla presentazione di alcuni capolavori usciti dalle Botteghe di Galleria, fra cui una cassetta intarsiata proveniente dal Minneapolis Institute of Art, alla grafica e alla documentazione storica. Sono esposti il Giornale degli Uffizi, un quaderno di progetti e schizzi che illustra l’inventiva dell’artista e, per la prima volta, il Carteggio fogginiano, che è conservato nella Biblioteca Archivio del Seminario Maggiore di Firenze. Si tratta di un fondo di oltre cinquecento lettere che offre uno spaccato sulle relazioni intellettuali e artistiche intrattenute da Foggini, il suo legame con nobili e granduchi, rivelando quella complessità di rapporti che ancora oggi sono presenti tra mecenati e artisti.
L’allestimento è a cura di Luigi Cupellini e valorizza l’equilibrio tra il rigore storico e l’impatto scenografico, restituendo al visitatore la ricchezza dell’universo del Foggini.
