Nel cuore di una Bordeaux in sofferenza, l’acquisizione dello storico Château de La Rivière da parte del fondo lussemburghese Global Food Investments segna un raro segnale di fiducia.
In un momento in cui la crisi scuote dalle fondamenta l’universo bordolese, il gruppo finanziario Global Food Investments — ramo vitivinicolo del fondo Signet Global — ha rilevato una delle più affascinanti tenute della riva destra: lo Château de La Rivière, situato nell’AOC Fronsac. Una proprietà imponente, articolata su 65 ettari vitati, 30 di bosco tutelato e oltre 15 ettari di cantine sotterranee che risalgono al XV secolo.
A guidare questa nuova fase sarà Sébastien Long, agronomo ed ex dirigente di Treasury Wine Estates, nominato presidente del domaine. Confermati tutti gli attuali vertici, incluso Xavier Buffo, direttore generale della tenuta da quasi trent’anni.
> “Crediamo profondamente nel futuro del vino di Bordeaux, anche in una fase così delicata”, ha dichiarato Long, delineando un progetto improntato alla continuità e alla valorizzazione.
Investimenti e strategie in un territorio ferito
L’ingresso di capitali freschi in una denominazione minore ma di grande potenziale arriva mentre Bordeaux affronta una delle sue fasi più critiche degli ultimi decenni: nel solo 2024, il tasso di insolvenze tra i viticoltori della Gironda è cresciuto dell’81% rispetto all’anno precedente. Una crisi alimentata dalla contrazione della domanda globale, dal crollo del mercato cinese e da una campagna “en primeur” che, secondo gli analisti, è stata la peggiore degli ultimi vent’anni.
In questo contesto, la mossa di GFI appare controcorrente, ma ben ponderata. Il fondo — con interessi che spaziano dall’agroalimentare all’export — individua nella qualità e nella storia di Château de La Rivière un potenziale ancora inespresso, da sviluppare con una gestione esperta e un approccio industriale discreto.
Una svolta simbolica per Bordeaux?
La parabola della proprietà racconta molto delle metamorfosi che attraversano il vigneto bordolese. Dopo l’era delle acquisizioni cinesi, culminata con oltre 200 château passati in mani asiatiche tra il 2012 e il 2022, oggi è il tempo dei disinvestimenti e delle svendite. La fase di ritracciamento ha lasciato spazio a investitori istituzionali, meno appariscenti ma più strutturati, che si muovono con visione di medio-lungo termine.
Château de La Rivière, con il suo profilo elegante, il parco naturale e l’anima enologica raffinata, sembra rispecchiare questa nuova stagione: meno eccessi, più contenuto. Una rinascita silenziosa, ma significativa.