In un settore dove il lusso sembrava immune alle turbolenze economiche globali, arriva ora una notizia che fa tremare anche i calici più raffinati: Moët Hennessy, la divisione di vini e liquori del colosso francese LVMH, ha chiuso il 2024 con una perdita di fatturato di 1,5 miliardi di euro, in netto contrasto con l’utile da 1 miliardo registrato nel 2019.
A riportarlo è il Financial Times, che ricostruisce un quadro impietoso: un mix di politiche di prezzo aggressive, acquisizioni poco lungimiranti e una gestione strategica giudicata da molti “miope” ha portato il produttore di Dom Pérignon e Hennessy Cognac in un vicolo cieco.
Dopo l’euforia post-pandemica, con le vendite impennate durante il boom del consumo di beni di lusso, Moët Hennessy ha scelto di cavalcare l’onda, alzando i prezzi di listino di oltre un terzo in soli quattro anni. Una mossa inizialmente redditizia, ma che ha finito per alienare rivenditori e consumatori, portando a un calo sensibile nei volumi.
Il mantra interno sembrava essere uno solo: mantenere i margini di profitto, anche a costo di perdere terreno sul mercato. Nel frattempo, le vendite della divisione vini e liquori di LVMH sono crollate del 9% su base organica nel primo trimestre 2025, il triplo rispetto al calo medio del settore (-3%).
La situazione ha portato a cambiamenti significativi ai vertici dell’azienda. Philippe Schaus, CEO dal 2017, ha lasciato il posto a Jean-Jacques Guiony, già CFO del gruppo LVMH. Al suo fianco, come vicepresidente, è arrivato Alexandre Arnault, figlio di Bernard Arnault, patron del gruppo e uno degli uomini più ricchi al mondo.
Le prime decisioni della nuova dirigenza non si sono fatte attendere: taglio di 1.200 posti di lavoro, revisione del portafoglio di marchi e una frenata decisa sull’espansione retail diretta al consumatore, considerata un investimento troppo oneroso e poco redditizio
Sotto la guida di Schaus, Moët Hennessy aveva tentato di diversificare il portafoglio oltre il cognac e lo champagne (che da soli coprivano oltre l’80% delle vendite). Gli investimenti si sono concentrati su nomi di prestigio e progetti ambiziosi:
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Il 50% di Armand de Brignac, lo champagne di Jay-Z (2021)
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Il marchio di rosé provenzale Minuty (2023)
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Il celebre produttore californiano Joseph Phelps (2022)
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I nuovi lanci come la tequila Volcan e il rum cubano Eminente
Tuttavia, molte di queste acquisizioni non hanno reso quanto sperato. In parallelo, l’espansione della vendita diretta – tra cui un flagship store Hennessy in Cina, uno shop Veuve Clicquot a Parigi e l’e-commerce Dom Pérignon – si è rivelata un bagno di sangue economico, con perdite milionarie annuali.
Anche la joint venture Tannico, nata con Campari nel 2021 per rafforzare la presenza online, è stata definita un fallimento, secondo le fonti vicine al gruppo.
Il nuovo corso guidato da Guiony promette una gestione più prudente: “I prezzi sono saliti troppo in fretta, e per molti consumatori sono diventati difficili da digerire”, ha ammesso il CEO. Le parole chiave ora sono ridimensionamento e razionalizzazione. I marchi acquisiti negli ultimi anni verranno probabilmente mantenuti, ma con piani di crescita molto più cauti e una forte pressione al taglio dei costi.
In un mercato che torna a privilegiare l’equilibrio tra esclusività e accessibilità, Moët Hennessy si trova di fronte a una sfida storica: riconquistare il pubblico senza tradire la propria identità di simbolo del lusso enologico globale.