Un’intervista che ha fatto il giro del mondo quella di Ons Jabeur, ventinovenne tunisina nonché promessa del tennis mondiale, in lacrime durante l’intervista appena successiva alla sua vittoria contro l’atleta ceca Marketa Vondrousova: non è commozione, né una scarica di tensione, ma bensì un pianto di disperazione, rivolto alla Palestina.
“La situazione nel mondo non mi rende felice, mi sento come se… Mi dispiace” la tennista è scossa, ma si ricompone. “È molto dura vedere bambini e neonati morire ogni giorno. È straziante. Ho deciso di donare parte del mio premio in denaro per aiutare i palestinesi. Non posso essere contenta di questa vittoria. Non è un messaggio politico, è umanità. Voglio la pace in questo mondo. Questo è tutto quello che desidero”.
Un gesto che ha avuto un grande impatto mediatico e che, soprattutto, ha ricordato al mondo dell’identità di Ons Jabeur: la ragazza è una campionessa a tutto tondo, la prima tennista araba ad essersi aggiudicata un titolo nel circuito WTA ed è la pupilla dell’ex tennista tunisina Selima Sfar, a sua volta la prima araba arrivata nella TOP 100 mondiale, ma entrambe sono donne musulmane, africane e di etnia araba, emotivamente vicine alla crisi in Palestina.
“Ons è di più di una sognatrice: è una pioniera che sta aprendo una nuova strada alle ragazze arabe, che adesso hanno un esempio da imitare. La donna araba non è solo una figura velata e remissiva” spiega Sfar. “C’è anche Ons Jabeur. E adesso, forse, i padri incoraggeranno le figlie a imbracciare la racchetta come lei”.