Con l’arrivo dell’autunno e l’incombere dell’inverno, si amplifica anche la paura del rincaro delle bollette e della crisi energetica che coinvolgerà tutta l’Europa; dopo un’estate di graduale crescita delle spese, le stagioni più fredde e buie rappresentano uno spaventoso interrogativo agli occhi di chi non solo deve gestire le spese domestiche, ma anche amministrare i costi di un’attività già avviata.
Gabriel Meghnagi, presidente della rete associativa vie Confcommercio Milano, ha espresso il proprio parere al riguardo, rivolgendosi in particolare a realtà commerciali come negozi e grandi magazzini.
“Si può non tenere accese le luci fino all’una di notte, ma vetrine e insegne fino alle 23, soprattutto per garantire l’illuminazione delle strade, e le altre luci spegnerle quando si chiude il negozio”, ha affermato infatti il presidente.
Un dettaglio che probabilmente consumatori e proprietari hanno sempre dato per scontato, ma che di fronte al panico generale risulta non ignorabile. Basterà camminare nel centro di una qualunque città italiana di sera, infatti, per notare che le vetrine di stores, negozi e attività pubbliche rimangono illuminate anche ben dopo l’orario di chiusura.
Si tratta, infatti, di uno spreco inutile, di fronte agli occhi di tutti, ma che non abbiamo mai percepito come tale, almeno fino a questo momento: gli anni ’20 hanno riservato numerose sorprese, e questo ritorno impellente all’austerity stile anni ’70 (come è stata definita la crisi energetica) è l’ennesima della lista.
L’osservazione di Meghnagi, tuttavia, evidenzia un fatto innegabile: la situazione è seria, ma non apocalittica, come viene dipinta dai media e dai catastrofisti del web. Con piccole accortezze e con uno sguardo più attento alle nostre abitudini, è possibile limitare i danni di un fenomeno che, ormai, è stato plasmato dal panico e dalla disinformazione.