Nel cuore dell’universo dell’orologeria di lusso si è consolidato un fenomeno capace di sorprendere perfino i più appassionati: la Rolex-mania. Non si parla più di un semplice oggetto di prestigio, ma di un desiderio collettivo che porta clienti a iscriversi a liste d’attesa di anni pur di mettere al polso un modello iconico.
La celebre testata ticinese Ticinonline racconta come, in Svizzera, alcuni Rolex richiedano fino a cinque anni di attesa, con rivenditori ufficiali che selezionano chi può comprarli basandosi su relazioni consolidate, cronologia degli acquisti e, talvolta, puro status. In questo senso, il fenomeno non è solo una questione di tempo: è un intreccio tra esclusività, fidelizzazione del cliente e scarsità voluta.
La scarsità come strategia – e la domanda che non cala mai
Rolex da tempo limita volontariamente la produzione di certi modelli per preservare l’aura di rarità attorno al marchio. Questa politica di offerta controllata fa sì che la domanda stilisticamente rimanga superiore all’offerta, con conseguenti attese significative per modelli molto ricercati come il Daytona, il GMT-Master II o il Submariner.
Secondo esperti del settore, i tempi di attesa stimati variano da pochi mesi a oltre cinque anni, a seconda del modello e della regione, con alcuni riferimenti in acciaio quasi impossibili da ottenere senza una storia di acquisti presso il rivenditore. Questa dinamica ha alimentato un mercato parallelo — definito “grey market” — dove gli stessi orologi spesso si vendono a prezzi di molto superiori rispetto al prezzo di listino ufficiale.
Liste d’attesa: realtà o mito?
Nonostante la narrativa predominante parli di liste d’attesa chilometriche, alcuni osservatori mettono in discussione la natura formale di tali liste. In molte boutique il “registro di interesse” è più un database interno di clienti che una classica coda strutturata: chi ha migliori relazioni o uno storico di acquisti importante può essere servito prima, a prescindere dall’anzianità sulla lista.
Anche su piattaforme di appassionati emerge questa dualità: per alcuni collezionisti la “waitlist” è reale, mentre per altri è semplicemente un modo per gestire la scarsità, vendendo il pezzo a chi, al momento giusto, può o vuole comprarlo.
Mercati secondari e certificati: nuove vie d’accesso
Per aggirare le attese, alcuni marchi — incluso lo stesso Rolex — e rivenditori hanno intensificato programmi di Certified Pre-Owned (CPO) e canali ufficiali di orologi usati autenticati. Queste iniziative offrono modelli revisionati con garanzia, rendendo più accessibili pezzi altrimenti difficili da ottenere tramite i canali diretti.
Questo mercato dell’usato non solo allarga le possibilità per gli acquirenti, ma riflette anche un trend più ampio: i collezionisti e gli investitori considerano sempre più gli orologi di alta gamma come asset durevoli nel tempo, non solo come simboli di status.
La Rolex-mania non è un fenomeno passeggero, né si spiega solo con meccanismi di mercato. È piuttosto la combinazione di qualità tecnica, narrativa di esclusività, gestione dell’offerta e dinamiche relazionali con i rivenditori che continua ad alimentare il mito di un marchio che non smette mai di affascinare. In un mondo dove l’attenzione si sposta rapidamente, il desiderio per un orologio iconico rimane invece sorprendentemente… senza tempo.


