Palazzo Roverella, per la prima volta in Italia, ospita un’importante mostra dedicata a Rodney Smith, fotografo newyorchese tra i più iconici del Novecento, dal 3 ottobre scorso al primo febbraio 2026.
L’esposizione si intitola “Rodney Smith. Fotografia tra reale e surreale” ed è curata da Anne Morin, e permetterà al pubblico di lasciarsi trasportare nell’universo di questo iconico fotografo newyorchese.
Oltre cento immagini ne ripercorrono la carriera e ne celebrano la combinazione raffinata di eleganza classica, ironia surreale e incanto compositivo. Figlio di un magnate della moda americana, Smith non seguì le orme paterne e infatti si laureò in Teologia a Yale nel 1973 e nei suoi primi portfoli non compaiono modelle in posa, ma la fotografia che si può definire il ritratto spirituale del popolo di Gerusalemme, documentato in un diario di cento giorni nella cosiddetta Terra della Luce.
Le sue fotografie evocano mondi sospesi tra realtà e sogno, in cui si possono cogliere riferimenti alla pittura surreale del pittore René Màgritte. A lungo apprezzato per le sue immagini in bianco e nero che uniscono ritratto a paesaggio, Rodney Smith ha dato vita a mondi incantati e visionari, ricchi di sorprese. Le immagini oniriche sono realizzate con il solo ausilio di pellicola e luce naturale, non sono mai ritoccate, e si distinguono per cura artigianale e precisione formale.
È stato allievo di Walker Evans e ha subito l’influenza di colleghi quali Henri Cartier Bresson, Margaret Bourke- White, Anselmo Adams e William Eugene Smith. Le sue fotografie sono apparse su riviste e giornali prestigiosi quali il Time, Vanity Fair, Wall Street Journal.
In realtà l’estetica di Smith mostra parallelismi anche con la tradizione cinematografica di registi quali Alfred Hitchcock, Terrene Malicke e Wes Anderson.
Le immagini colte dall’obiettivo di Smith non sono mai ritoccate digitalmente e illuminate solo dalla luce naturale e in cui l’uso del bianco e del nero diventa una forma di sentimento, architettonico ed essenziale. Ricordiamo opere come “Danielle in boat” del 1996, dove l’abito della donna pare essere la vela che non trova vento; in “ Woman with hat between edges” il cappello della donna fiorisce nel labirinto. In “Skyline” del 1995, sullo sfondo delle Torri Gemelle, una umanità variegata partecipa a una processione . Ogni sala invita lo spettatore a rallentare lo sguardo e a soffermarsi sul carattere misterioso di immagini che aprono all’uomo un varco tra il reale e l’immaginario. Il percorso espositivo è suddiviso in sei sezioni e conduce il visitatore lungo scenari sospesi, ricchi di grazia e di mistero, accompagnandolo alla scoperta di un autore che ha saputo trasformare l’ordinario in straordinario.