La stagione estiva della galleria Umberto Benappi a Sansicario Alto è guidata dal proposito di esplorare il tema dell’identità in un mondo in continuo cambiamento ed evoluzione, leggendo il contemporaneo da un punto di vista non convenzionale.
La succursale montana della galleria, ormai al secondo anno di attività, propone sempre, e anche quest’anno, tra giugno ed agosto, un ciclo di tre mostre.
L’inaugurazione è stata affidata, a fine giugno 2025, all’esposizione intitolata “Incontri”, personale dello scultore Carlo d’Oria, con la curatela di Roberto Mastroianni.
L’artista, le cui opere selezionate risalgono al periodo 2011-2025, ha proposto tra ferro, resina, marmo e bronzo, una riflessione materica e poetica sulla condizione umana, presentando figure simboliche attraversate da memorie collettive e tensioni interiori.
Dal 20 luglio al 10 agosto è stato protagonista l’artista Marzio Zorio, anch’egli torinese, con la mostra “Nel solco della voce” , in cui la voce è stata esplorata come fenomeno acustico e identitario. Il progetto è stato ispirato alla riflessioni di Derrida, Agamben e Lacan, attraverso cui Zorio realizza installazioni tra cui quelle dal titolo ‘Mitopoiesi’, ‘Biblioteca’ e ‘Bussola’, invitando il pubblico a un ascolto profondo, dentro e fuori di sé, in uno spazio espositivo che si trasforma in paesaggio percettivo e sonoro, in cui vengono indagati tempo, corpo e coscienza.
A conclusione del ciclo, dal 14 al 31 agosto, sarà protagonista un progetto collettivo internazionale che riflette sul rapporto tra identità e memoria. Si tratta della mostra “Between Flesh and Reflection”, curata da Valeria Ceregini, con il sostegno di Culture Ireland e del Consolato Generale d’Irlanda a Milano, che riunisce le opere di tre artisti, Allyson Keehan, Vera Ryklova e Domnick Sorace, che raccontano il modo in cui le identità personali e collettive vengono costruite, trasformate o disgregate attraverso la relazione con il tempo e lo spazio.
Installazioni, fotografie, pitture e sculture offrono una riflessione sulla composizione di un mosaico eterogeneo ma coerente, dove le identità collettive e personali subiscono una trasformazione e spesso uno smantellamento da parte delle forze socio-politiche, tecnologiche e ambientali della contemporaneità. Vera Ryklova, fotografa, fa del proprio corpo una tela per mettere in discussione le aspettative sociali, riecheggiando le teorie di Judith Butler. La fragilità del corpo, ma anche la sua profonda connessione con l’ambiente, è evidenziata dalle sculture di Domnick Sorace; infine le installazioni di Allyson Keehan fanno uso del tessuto per evocare temi della memoria.
