Lusso non significa solo prodotti ed esperienze di acquisto esclusivi, la desiderabilità del comparto oggi è trainata infatti, dai valori culturali. Lo evidenza il nuovo White Paper “Luxury 3.0“, pubblicato da BCG e Highsnobiety, che fotografa lo stato attuale del settore del lusso e le tendenze emergenti.
Secondo l’analisi, effettuata sul Global Luxury Panel di BCG, la credibilità culturale di un marchio è ormai determinante per i cosiddetti Cultural Pioneers, ovvero gli early adopter dei prodotti di lusso. Le prime scelte d’acquisto risultano quindi, sempre più orientate verso quei brand che rispecchiano i valori dei consumatori e riescono a farli sentire parte di una comunità di riferimento più ampia.
Questo segmento di consumatori, costituito per il 21% da Gen Z e per il 58% da Millennial, in USA effettua 8.9 acquisti di lusso ogni anno, contro i 6.4 acquisti dei “comuni” consumatori risultando particolarmente significativo per il settore.
Lo studio “Luxury 3.0” sottolinea come sia proprio il nuovo bisogno di credibilità e di valori culturali ad aver democratizzato lo spazio del lusso, portando al superamento dell’idea di marchio inteso solo come simbolo riconoscibile e associato al bene fisico di riferimento.
Come afferma Beatrice Lemucchi, Managing Director e Partner di BCG, co-autrice dello studio, “Il tempo in cui i marchi di lusso si rivolgevano a segmenti di consumatori prefissati e circoscritti è ormai lontano, così come è lontano il concetto di brand che si limita a vendere dei prodotti: oggi i marchi diventano punti d’incontro per i consumatori, specialmente nel mondo virtuale, in cui vengono create delle vere e proprie comunità. Il nuovo consumatore del lusso è guidato da storie e tradizioni in cui si riconosce e di cui può farsi portatore”.
Questa ricerca di appartenenza a una community e di autenticità, ha subito un’accelerazione dal periodo di pandemia: è in questo momento che le nuove generazioni, costrette a un isolamento forzato, hanno cominciato a cercare connessioni sociali alternative grazie all’uso di piattaforme online come IRL/ WOM1 – “In Real Life/ Worth One Minute”. Piattaforme popolate tutt’oggi da giovani alla ricerca di ispirazione, in cui si sviluppano community virtuali di utenti-consumatori e che agiscono quindi, come un potente moltiplicatore per l’orientamento e l’acquisto di prodotti di lusso. Ad esempio, ben il 93% dei pionieri culturali dichiara di fare un uso abituale delle piattaforme virtuali, a fronte di una quota che si riduce al 75% se osserviamo la GenX.
“Oggi, la desiderabilità del lusso è direttamente proporzionale all’autenticità dei marchi. I brand privi di un chiaro set valoriale rischiano di perdere la loro rilevanza agli occhi delle nuove generazioni, sempre più orientate verso gli aspetti intangibili del lusso. Avere un brand autentico, non è più un plus, bensì un prerequisito” – ha aggiunto Lemucchi.
Il paradigma del Lusso 3.0 apre verso un cambiamento profondo in cui gli individui e le comunità hanno molto più controllo sulla narrazione dei brand e in cui gli aspetti intangibili di brand diventano sempre più protagonisti.
Il Global Luxury Panel di BCG è composto da oltre 12.000 intervistati e comprende America, Giappone, Regno Unito, Cina, Francia, Italia e Germania.