“Lavorare gratis per fare gavetta”: il suggerimento dello chef Alessandro Borghese ci porta a riflettere su quelle che sono le contemporanee dinamiche del mondo del lavoro, in cui i giovani e gli inesperti (due categorie che spesso e volentieri collidono) si ritrovano ad annaspare in Italia.
Alessandro Borghese ha una carriera di tutto rispetto. Chef di grande fama e presentatore sulla piattaforma di Sky, Borghese è inoltre il testimonial di numerosi brand, come la catena di supermercati Aldi, e un volto familiare, ricorrente in spot pubblicitari su tutta la televisione nazionale.
Al tempo stesso, Alessandro Borghese è la celebrità che, con molta leggerezza, ha consigliato al mondo dei giovani lavoratori alle prime armi di lavorare senza richiedere un pagamento, l’unico modo, a parer suo, per fare davvero esperienza nel mondo della ristorazione e non solo.
Lavorare per amore del lavoro, insomma, e per dedicarsi alla propria carriera.
L’affermazione risulta, usando un termine inglese, “tone-deaf” ossia assolutamente distaccata dalla realtà: suggerire quello che è vero e proprio sfruttamento a una classe di giovani lavoratori, professionisti e studenti è l’ennesimo schiaffo a un’intera categoria che per sopravvivere è divisa tra il fuggire in un altro paese o il tornare a casa dei propri genitori, un dualismo umiliante e deprimente che tocca ogni ambito lavorativo e che risulta particolarmente attuale considerando anche gli effetti della pandemia sull’economia e sulle generazioni più giovani.
Ovviamente il mondo del web e l’opinione pubblica hanno reagito con giusta indignazione a questa dichiarazione: esemplare la città di Livorno che, di fronte all’arrivo di Alessandro Borghese e del team di Quattro Ristoranti, ha risposto con striscioni di protesta.
“Cercasi schiavo. Mai più sfruttamento. Chef Borghese il lavoro si paga sempre!” è lo slogan da cui è nata la nuova campagna online, #cercasischiavo.
“Lo stesso chef Borghese che qualche mese fa esordì con alcune frasi in difesa di quei ristoratori che decidono di non pagare i propri dipendenti in quanto “devono imparare” un mestiere. Vorremmo ricordare a Borghese che il lavoro gratuito (e nel nostro paese esiste in diversi settori) si chiama sfruttamento.
Il lavoro si paga, sempre”.
Lavorare per amore del lavoro, lavorare per essere pagati, lavorare per sopravvivere: una triade tra cui scegliere e che, inevitabilmente, ci pone tutti sullo stesso piano in quello che sta diventando uno scontro tra generazioni, tra ricchi e poveri, tra chi ha già guadagnato la sua posizione e tra chi, al contrario, non ha neanche lasciato la casa dei propri genitori.