Il digitale ormai fa da padrone nel mondo del fashion, con le sfilate simulate e ora con l’ invasione di avatar. L’obbiettivo è quello di sfruttarne le potenzialità nella comunicazione con il consumatore finale. Del resto, il virtuale consente di abbattere i costi e onorare gli impegni delle aziende di moda sul fronte sostenibilità.
Fino ad ora, aveva funzionato l’accoppiata avatar-abito digitale come due anni fa aveva fatto Philosophy di Lorenzo Serafini che aveva scelto come testimonial, per la collezione pre-fall 2019, la celebre e seguita modella digitale Noonoouri.
La sfida del presente è convincere le influencer in carne e ossa a indossare abiti virtuali. Un importante passo in avanti è già stato fatto da Farfetch, uno dei primi grandi rivenditori a testare la pratica del campionamento digitale. Quest’estate ha vestito digitalmente gli influencer per promuovere il lancio della sua nuova offerta di pre-ordini.
Tutto ciò con l’aiuto della piattaforma di moda digitale DressX per digitalizzare i capi e il creatore 3D Threedium per digitalizzare gli accessori, creando un totale di 20 articoli da uomo e da donna in digitale.
Questo meccanismo digitale può consentire di risolvere una serie di problematiche logistiche, tra cui la limitata disponibilità del campione della collezione e il simultaneo invio a diversi influencer in tutto il mondo. In più, il motivo più importante e attuale, questa modalità riduce l’impatto ambientale dell’invio di merci, riduce gli sprechi e rappresenta anche un modo per testare rapidamente i prodotti e ricevere un feedback prima di produrre grandi stock di merci.
Kering, Lvmh e Richemont hanno già adottato una strategia digitale rivolgendosi al wholesale digitale e ai trade shows virtuali che spesso richiedono campioni digitali. Altri brand come Burberry, VF Corp e Tommy Hilfiger sono sulla stessa strada.