Dopo anni di conti in bilico per il colosso britannico di retail Arcadia sembra essere giunto il momento del collasso. Con il mancato prestito di 30 milioni di sterline richiesto a gran voce dal proprietario Sir Philip Green, fonti BBC parlano di 13.000 posti di lavoro a rischio fra le quattro grandi insegne gestite dal gruppo: Topshop, Miss Selfridge, Bruton e Dorothy Perkins.
Unica via di scampo per evitare il più grande caso di corporate collapse in Gran Bretagna ai tempi della pandemia potrebbe essere l’avvio di una procedura di liquidazione volontaria di cui ad oggi, tuttavia, non vi è ancora traccia. In tal senso questi saranno giorni decisivi, dalla nomina degli amministratori, alla conferma dell’insolvenza fino alla lotta tra i creditori per accaparrarsi gli asset aziendali in vista della cessione ad una nuova proprietà. Tra i gruppi più quotati, stando alle indiscrezioni emerse da alcune testate inglesi, ci sarebbe l’e-tailer Boohoo, forte della recente operazione da 198 milioni di sterline conclusa con M&A.
Le cause di questo imminente collasso sono principalmente da attribuire alle scelte di marketing promosse dalla dirigenza, evidentemente non in grado di far fronte, in tempo, all’avanzata di e-company come Asos, la stessa Boohoo e Pretty Little Thing, e sul piano del retail fisico in particolare di Zara.
Nonostante i dati dei più recenti bilanci di Arcadia non si conoscano, i numeri di due anni fa sono comunque sufficienti a definire il quadro instabile delle finanze del gruppo, nel dettaglio una perdita pre-tasse di 93,4 milioni di sterline rispetto al precedente utile di 164,6 milioni con ricavi fermi a 1,8 miliardi di sterline.