Sotto la supervisione del Professore Massimo Vidale del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova è stata fatta una scoperta straordinaria presso il sito archeologico Terramara di Pilastri a Bondeno, in provincia di Ferrara. All’interno di alcuni recipienti per bevande è stata infatti rinvenuta la prova più antica sul consumo di vino in Italia, datata intorno al 1.500 a.C. I risultati dello studio sono stati pubblicati sull’ultima edizione del Journal of Archeological Science. Nello scritto sono stati riportati i dati delle indagini condotte dalla Dottoressa Alessandra Pecci dell’Università di Barcellona. Le analisi gas-cromatografiche hanno nel dettaglio dimostrato che più di un terzo dei frammenti di cocci presi in esame “contengono tracce dei bio-markers del vino, ossia acidi tartarico, succinico e maleico, e che in alcuni casi il contenuto aveva tracce di zolfo e di resina di pino”.
Il perché di queste due sostanze è da attribuire al fatto che lo zolfo fosse utilizzato quale antifermentativo della bevanda oppure per sterilizzarne il contenitore, impermeabilizzato a sua volta proprio dalla resina. I contenitori rinvenuti sono sia tazze di piccole dimensioni, sia grossi bacini in grado di contenere fino a 40 litri, segno di una “vinicoltura non episodica”, sebbene non sia ancora chiaro se vi fosse o meno una reale predisposizione alla coltivazione della vite.