La critica e giornalista enologica Jancis Robinson ha di recente pubblicato sul Financial Times un interessante approfondimento sull’evoluzione delle varietà enoiche mondiali. Analizzando dapprima lo studio condotto su scala internazionale, qualche anno fa, dai professori Kym Anderson, Signe Nelgen e Vicente Pinilla, la Robinson ha illustrato il suo punto di vista sulla tema.
L’articolo della giornalista britannica si apre presentando l’andamento su scala globale della superficie vitata, evidenziando da un lato la forte contrazione dei vigneti in moltissimi Paesi europei e dall’altro il fenomeno esattamente opposto, tipico degli stati più freddi come Cina, Canada e, unica eccezione in Europa, il Regno Unito in cui nell’arco di 10 anni il vino prodotto è passato da appena 10 mila ettolitri a oltre 117 mila.
L’indagine ha poi evidenziato la classifica dei vitigni più diffusi, al 2016, sulla Terra, fissando al primo posto il Cabernet Sauvignon, seguito dal Merlot, dal Tempranillo, dall’Airen (negli anni ’90 primo assoluto), dal Syrah, dal Grenache e infine dal Pinot nero e dal Sauvignon Blanc.
In questo scenario l’Italia appare tra i paesi più affezionati ai propri vigneti autoctoni, di questi i più diffusi sono il Sangiovese, il Montepulciano, la Glera, da cui si produce il Prosecco, e il Pinot Grigio, tutti mediamente classificati su scala internazionale oltre il decimo posto.