La mostra ospitata al castello di Miradolo fino al 22 giugno prossimo reca il titolo “Di erbe e di fiori. Erbari d’autore. Da Besler a Penone, da De Pisis a Cage” e intende costruire un dialogo tra alcune pagine di erbari storici con la visione di alcuni artisti che attorno alla riflessione sulla materia e sugli elementi della natura hanno costruito opere che sono specchio del proprio tempo e del presente.
Gli erbari storici di Carlo Allioni, Basilius Besler, Carlo Lupo, Edouard Rostan, Camillo Sbarbaro, Ada e Adolfo Sella diventano controcanto alle opere di Vincenzo Agnetti, Biörn Braun, Pier Paolo Calzolari, Chiara Camoni, Adelaide Cioni, Betty Danon, Filippo De Pisis, Piero Gilardi, Wolfgang Laib, Ugo La Pietra, Christiane Lohr, Mario Merz, Helena Mirra, Richard Nonas, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Robin Rhode, Thomas Schütte, Alessandra Spranzi e Michele Zaza.
L’esposizione ospiterà oltre trenta opere provenienti da collezioni private, dal Museo Botanico dell’Università degli Studi di Padova, che conserva oltre 500 mila campioni di piante raccolte in tutto il mondo dalla fine del Settecento, dal Museo di Storia Naturale Giacomo Doria di Genova, dalla Fondazione Piero Gilardi di Torino e dal Museo Valdese di Torre Pellice. È in programma al castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo dal 22 marzo al 22 giugno prossimo ed è curata dalla Fondazione Cosso e da Roberto Galimberti, con la consulenza iconografica di Enrica Melossi.
Le opere presenti in mostra intendono indagare temi come la necessità dell’uomo di classificare e misurare il mondo che lo circonda non solo per conoscerlo meglio ma anche per svelare il mistero, per esorcizzare le proprie paure, la pazienza e la cura di gesti che, nell’apparente ripetizione, si scoprono differenti e ancestrali insieme, la fragilità di una materia che, nel suo mostrarsi effimera, sembra sfidare il tempo. Filippo De Pisis ha iniziato la sua carriera come botanico flâneur raccogliendo un erbario di piante essiccate formato di circa 1100 campioni raccolti in Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Lazio dal 1907 al 1917, donato poi al Museo Botanico patavino. L’accuratezza nella conoscenza e nella raccolta delle sue piante si riflette nella sua arte pittorica e in particolare nel tema dei fiori, che è stato sviluppato in numerose varianti e con le più diverse tecniche espressive. Dai più semplici e popolari ai più nobili, i fiori sono ritratti quasi sempre recisi, quindi destinati a una breve vita, simbolo della caducità della bellezza.
Wolfgang Laib ha studiato medicina all’Università di Tubinga prima di dedicarsi alla pratica artistica creando sculture e installazioni che sembrano collegare passato e presente, l’effimero e l’eterno, utilizzando materiali organici semplici e altamente simbolici, come il polline. La sua più grande opera in polline è stata installata nell’atrio del MoMA di New York nel 2013. La contaminazione tra natura e musica si trova nella serie “Green Sounds” del 1978 dell’artista concettuale Betty Danon.
Adelaide Cioni, in forma di video-installazione, riporta la struttura delle piante nella Palm House dell’Orto Botanico di Londra a una forma quasi astratta. Christiane Löhr crea le sue sculture leggere e impalpabili a partire da materiali naturali, come semi, baccelli, steli erbacei, crini di cavallo raccolti spesso in spazi periferici, punto d’incontro tra l’ambiente naturale e quello urbanizzato. Erbe, bacche e fiori, ma anche argilla e ceneri determinano le tonalità naturali distintive dei lavori di Chiara Camoni, che richiamano la terra e la vegetazione che l’artista raccoglie e inserisce nelle sculture.
Nelle opere di Pier Paolo Calzolari elementi provenienti dal mondo naturale, spesso soggetti a rapido deterioramento (sale, piombo, foglie di tabacco, muschio, petali di trifoglio) sono accostati a prodotti tecnologici. Dalla metà degli anni Sessanta, i tappeti-natura sono un segno di riconoscimento del lavoro di Piero Gilardi, la cui idea generatrice scaturisce da una riflessione sulla morte della natura, intesa come metafora delle pulsioni umane. Una lettera rarissima, esposta in mostra con inediti disegni, racconta proprio la genesi delle sue opere.
Le trentatré erbe di Giuseppe Penone del 1989 sono il risultato di un’azione di frottage, calchi di erbe reali sulle quali ha agito la mano dell’artista, che raccontano in ogni tavola una riflessione profonda del rapporto uomo-natura, dove l’impressione delle erbe dialoga autenticamente con la parola che diventa poesia, tracciata sulla struttura vegetale. Dello stesso anno le 14 tavole che compongono il ciclo “Da un erbario raccolto nel 1979 in Woga Woga, in Australia” di Mario Merz, che accosta a diversi esemplari di foglie di piante fermate sul cartoncino con adesivi a vista, la numerazione tipica della successione di Fibonacci.
Per quanto riguarda gli erbari storici, ricordiamo l’Erbario di Pierre Edouard Rostand, custodito nel Museo Valdese di Torre Pellice, che racconta una natura in movimento fortemente legata al territorio, con le piante che emigrano, si spostano con l’uomo o spariscono. Oltre 2 mila fogli, di cui 5 esposti in mostra, raccolgono gli studi botanici del medico condotto e della sua vasta corrispondenza con scambi di piante con il mondo botanico ottocentesco.
Dal farmacista e botanico tedesco Basilius Besler è esposta un’incisione originale eseguita all’acquaforte su rame e successivamente acquarellata di una tavola tratta dal suo monumentale erbario Hortus Eystettensis, una delle prime e rare raffigurazioni di fiori, dal nome del più importante orto botanico europeo seicentesco al di fuori dell’Italia, che aveva contribuito a realizzare come giardino di Johann Konrad Von Gemmingen, principe vescovo bavarese.
La mostra, accanto all’Erbario di Carlo Lupo, di Ada Sella e Camillo Sbarbaro, come una ideale wunderkammer, indaga le corrispondenze formali tra le opere e, soprattutto, percorre l’apparente iato che, spesso, sembra esistere tra ragione e immaginazione, tra realtà e utopia, tra ricordo e memoria, tra quotidianità e sogno. Al di fuori delle sale, il parco del castello di Miradolo, con le sue essenze, specie, architetture vegetali, dialoga con l’esposizione interna.
L’esposizione sarà accompagnata da un’inedita installazione sonora a cura del progetto artistico Avant-Dernière Pensée, dedicata al brano ‘In A Landscape’ di John Cage. L’artista e teorico statunitense è stato anche un conoscitore di funghi, una passione che lo ha portato a partecipare in qualità di micologo al quiz televisivo Lascia o raddoppia? e associata alla sua ricerca sonora.