La strategia della Capri Holdings, proprietaria del marchio statunitense Michael Kors, si è rivelata fallimentare. L’acquisizione di Versace, avvenuta nel 2018 per circa 2 miliardi di euro, non ha prodotto l’auspicato salto verso l’alto nel settore del lusso. Oggi il brand italiano è ufficialmente in vendita, con indiscrezioni che vedono Prada tra i possibili acquirenti. Un ritorno alle radici italiane che potrebbe rivelarsi decisivo per rilanciare l’iconica maison fondata da Gianni Versace.
Gli imprenditori americani hanno dimostrato grandi capacità nel settore tecnologico, come dimostrano i casi di Elon Musk e Jeff Bezos, ma quando si tratta di moda e lusso, il successo è un’altra storia. La storia recente insegna che i marchi italiani che hanno trovato nuova linfa sono quelli finiti nelle mani di gruppi europei, soprattutto francesi. L’esempio più emblematico è quello di LVMH, il colosso guidato da Bernard Arnault, che ha integrato nel proprio portafoglio marchi come Bulgari, Fendi, Loro Piana ed Emilio Pucci, portandoli a nuove vette di prestigio. Anche Kering, la holding di François-Henri Pinault, ha seguito la stessa strada acquisendo Gucci, Bottega Veneta, Pomellato e Brioni, garantendo continuità e crescita.
Diversa la sorte dei brand ceduti a gruppi extraeuropei. È il caso di Krizia, passata nel 2014 a un’imprenditrice cinese, e di Gianfranco Ferré, finito nel portafoglio del Paris Group di Dubai. Altri esempi includono Roberto Cavalli, che dopo un primo passaggio nelle mani del fondo italiano Clessidra, è stato rilevato nel 2019 dal miliardario emiratino Hussain Sajwani, presidente di Damac Properties. Situazioni che hanno spesso portato a un ridimensionamento del prestigio di questi marchi.
Un’eccezione degna di nota è Valentino, oggi controllato da Mayhoola Investments, fondo del Qatar che ha però mantenuto una gestione italiana, affidando il timone a un management locale.
La cessione di brand di lusso italiani a realtà straniere non si è limitata alla moda. La Rinascente, storico grande magazzino fondato a Milano e un tempo di proprietà della famiglia Agnelli, è oggi nelle mani del gruppo thailandese Central Group of Companies. Tuttavia, il lusso resta un settore complesso, dove la sola fama del marchio non basta per alzare i prezzi e ottenere successo globale, come ha dimostrato Capri Holdings con Michael Kors.
Guardando al passato, il primo marchio italiano a essere ceduto a una proprietà straniera è stato Fiorucci. Fondato nel 1967 da Elio Fiorucci, il brand raggiunse il successo negli anni ’70 e ’80 con negozi a New York e Parigi. Tuttavia, a partire dagli anni ’90 iniziò il declino: fu prima acquisito dai fratelli Tacchella di Carrera Jeans e successivamente, nel 1990, dalla giapponese Edwin International.
Fortunatamente, non tutti i marchi italiani hanno ceduto alle lusinghe di acquirenti stranieri. Alcuni sono rimasti nelle mani delle famiglie fondatrici, garantendo continuità e controllo strategico. Giorgio Armani è un esempio iconico, sebbene il futuro del brand, data l’età avanzata del fondatore, resti incerto. Altri nomi rilevanti includono Alberta Ferretti, che con la sua holding Aeffe ha acquisito Moschino, e la famiglia Maramotti, che controlla Max Mara. La famiglia Ferragamo continua a gestire l’omonimo marchio, mentre Prada, quotata a Hong Kong, resta saldamente nelle mani di Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, che possiedono l’80% delle quote.
Secondo voci di mercato, proprio Prada potrebbe essere interessata a riportare Versace in mani italiane. Se l’operazione andasse in porto, sarebbe un segnale forte: il made in Italy nel lusso ha ancora una carta da giocare per riaffermarsi come protagonista globale.